L'anno della lepre

Vatanen si svegliò la mattina al canto degli uccelli nel buon odore di un fienile. La lepre gli stava accovacciata sotto l'ascella e pareva seguisse l'andirivieni delle rondini sotto la travatura del tetto. Forse stavano ancora terminando di costruire il loro nido, o forse avevano già dei piccoli, a giudicare da come erano indaffarate a entrare e uscire dal fienile.
I raggi del sole filtravano attraverso gli interstizi delle travi, il fieno dell'anno precedente intiepidiva l'ambiente. Vatanen rimase ancora quasi un'ora sdraiato nel fieno, assorto nei suoi pensieri, finché si scosse e usci con la sua lepre in braccio.
Dietro il vecchio prato fiorito mormorava un piccolo ruscello. Vatanen posò la lepre sulla sponda, si spogliò e si tuffò nell'acqua gelida. Un folto branco di pesciolini nuotava contro corrente: si spaventavano al più piccolo movimento, ma dimenticavano in un attimo la loro paura.

[Arto Paasilinna, L'anno della lepre, Milano, Iperborea, 2006, pag. 22]

Iliade

Gli dei filarono questo per i mortali infelici:
vivere nell’amarezza: essi invece son senza pene.
Due vasi son piantati sulla soglia di Zeus,
dei doni che dà, dei cattivi uno e l’altro dei buoni.
A chi mescolando ne dia Zeus che getta le folgori,
incontra a volte un male e altre volte un bene;
ma a chi dà solo dei tristi, lo fa disprezzato,
e mala fame lo insegue per la terra divina,
va errando senza onore né dagli dei né dagli uomini.

(Libro XXIV, vv. 525-533)

[Omero, Iliade, Einaudi, 1963, pag. 871]